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Critica

Gadda legge I promessi sposi

di Daniela Faragli

 

Pubblichiamo un saggio di Daniela Faragli sul rapporto di Gadda e della sua Cognizione del dolore con I promessi sposi. L'argomento è noto e in vario modo attestato nella critica gaddiana, ma ci è sembrato notevolmente puntuale il percorso che, a saggio inoltrato, bene illustra un rapporto che non è né poteva essere di semplice imitazione o calco. I modelli si subiscono solo se si amano e viceversa, e ci è piaciuto che questo saggio, senza nessuna pretesa di parlare della più generale poetica di Gadda o del suo stile, si presenti con semplicità come un atto di amore per un atto d'amore.

La nostra lettrice si annuncia infatti dicendo: "Quando mi si chiede di parlare di me e delle mie note professionali, le confesso, provo sempre un po' d'imbarazzo, perché non posso descrivermi secondo i canoni correnti. Credo in verità di aver percorso la vita in modo anticonformista, in parte per scelta e in parte per obiettive condizioni contingenti. […] Ho successivamente preso l'abilitazione all'insegnamento per Italiano e Latino alle superiori con il voto [omissis] e per adesso insegno da precaria, con esperienze lavorative di anno in anno diverse. Detto questo, forse, di me ho detto ben poco. Potrei aggiungere che nei molti anni universitari (accudivo intanto alla mia famiglia, ai miei figli e ai miei anziani, che non ho mai affidato ad altri), ho tradotto quasi ogni giorno una versione di greco e/o di latino, studiando e aiutando studenti in difficoltà. Ho imparato a vivere a contatto con testi letterari diversissimi, molti anche di letteratura italiana, che credo siano diventati una parte costitutiva dei miei pensieri. […] Che dirle ancora? Che leggendo Gadda, capitatomi tra le mani casualmente, mi sono appassionata al suo 'insolito' modo di scrivere (stimolante per chi, come me, formato nello studio dei classici, non può prescindere dall'analisi minuziosa della parola). Ma è stata soprattutto la lettura de La cognizione del dolore a suscitare un particolare interesse; trovavo in questo romanzo un qualcosa che mi faceva pensare a I promessi sposi e, quando sono andata a cercare contributi critici che mi aiutassero a capire meglio, mi si è aperto un mondo, che non potevo non esplorare. Così è nato il contributo che Lei ha letto. In verità, credo che l'indagine sul dolore prospettata da Gadda nel romanzo, sia stata la motivazione prima, da cui ogni altra considerazione sia derivata. Vi ho evidentemente trovato una certa affinità emotiva; ma si aprirebbe un discorso troppo lungo, che non è il caso di affrontare."

 

 

 

1. Ogni studio critico su Carlo Emilio Gadda presume come dato acquisito il permeabile rapporto dell’autore con la cultura lombarda. Su quello sfondo ritagliato dalla volontà del destino, nella memoria di un passato che si conserva senza cedimenti[1], dove l’eredità letteraria lombarda convoglia sentimenti di aderenza ai luoghi e alla loro storia, Manzoni emerge come "autore prescelto"[2]. Manzoni è l’eccellenza, l’euresi[3] della realtà, lo scrittore che fissa «le cose vere delle anime con le vere parole»[4].
I promessi sposi, soprattutto, non esauriscono mai il loro fascino, tanto che Gadda dedica alla loro lettura, o meglio alla costante loro lettura, tutta la vita, come se le parole del romanzo manzoniano svelassero sempre e ancora nuovi contenuti e ispirazioni, procurassero suggestioni preziose.

 

2. A questo proposito La cognizione del dolore (Lcdd) potrebbe intendersi come il prodotto di una penetrante analisi interiore patefacta attraverso moduli espressivi frequentemente riconducibili alla prosa de I promessi sposi. Potremmo immaginare che nel momento in cui si sta delineando la storia da raccontare, in quello stesso momento l’autore la veda prendere forma soprattutto attraverso le parole, i luoghi, le atmosfere manzoniani. Coinciderebbero in un unico atto creativo due spinte diegetiche, arrivate a compimento dopo un lungo e sofferto periodo esperienziale: la lettura de I promessi sposi e la vita dell’autore.
D’altra parte la confidenza raggiunta con il testo manzoniano permette a Gadda di muoversi al suo interno con sicurezza; cum-fidando nell’amato autore, quasi fosse la bussola che sa mantenere la rotta, può permettersi un percorso ricco di pause e parentesi narrative, divagazioni, indagini minuziose dei particolari, extravaganze retoriche che certo non facilitano la coesione del testo. In verità la coerenza dell’indagine introspettiva ideata ne Lcdd e i fatti pertinenti alla narrazione devono fare i conti con spinte centrifughe costantemente operanti e con una sorta d’istinto narrativo, cui non è dato all’autore sottrarsi: «Tendo ad una brutale deformazione dei temi che il destino s’è creduto di proponermi come formate cose e obbietti: come paragrafi immoti della sapiente sua legge»[5]. Potremmo interpretare la maniera narrativa di Gadda come la restituzione alla scrittura della provvisorietà del reale, la molteplicità delle forme, l’incoerenza del prevedibile e dell’imprevedibile, il "vero" contesto mentale e sensibile che soggiace al fatto. ... Continua a leggere

 

 

(pubblicato ad agosto 2016)

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