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«Mèta è il passo, non teme il sasso»

Poesie inedite di Cinzia Della Ciana

 

Cinzia Della Ciana è una donna matura che non ha mai pubblicato versi, né si sa da quanto tempo ne scriva. Invia questi esemplari domandando «"an" e "quantum" hanno dignità di pubblicazione».

La risposta su "an" siano degni è implicita: eccoli pubblicati, dal momento che mostrano 'lavoro' intorno a un'idea della poesia. In sintesi, vi si nota molto impegno sul ritmo, cioè su tutto ciò che possa dare risultati sonori in modo prorompente e libero da schemi: uso mescolato dei metri più vari, spesso i pari, dal quaternario al doppio settenario fino al completo fuori norma; molte rime, baciate, alterne, interne, al mezzo e ancora dove c'è posto allitterazioni; moltissime paronomasie. Questi caratteri formano una versificazione che chiamerei paramusicale, elude il tipico connotato lirico di un io parlante, ammette allusioni e simboli ma evita il senso esitato del tropo.

Circa il "quantum", rinvierei ai pensieri (Poesia, critica, inesistenza, pagina di Teorica) che Matteo Veronesi, del tutto casualmente, svolgeva proprio mentre in redazione pervenivano i testi di Cinzia Della Ciana. Certo, per usare parole di Veronesi, "la poesia muta, con il mutare dei tempi, nei parametri e nelle prospettive", e certo, come ho detto, qui non si tratta di "sbadata prosa quotidiana che va a capo ogni tanto". Tuttavia, oggi chi può dire quanto un'idea di poesia sia capace di redimere il decadimento del linguaggio e il grigiore contemporaneo della poesia stessa?

Ma in fondo l'autrice le risposte le aveva già in un suo verso, se quello è il carattere, se quella è la determinazione: la "meta" è nello stesso procedere, tentare il "passo". In questo caso nessun "sasso", ostacolo o disturbo, si frappone a un divenire che si vedrà.

(Luigi Arista)

 

 

Poesie inedite di Cinzia Della Ciana

 

 

Ho negli occhi


Ho negli occhi il velo dei tuoi occhi
di bambino che tocchi
che vuol esser rassicurato
della rabbia che prova,
cova, non sfoga.

 

E allora ho forzato,
di tue parole ho parlato,
dure scure,
sotto le mie invadenti,
pressanti degli altri, taglienti commenti.

 

Ti ho difeso da te che prendi tutto il peso
di rimproveri austeri di latte avari
e ti senti perso all'angolo appeso
cadi di pugni chiusi steso.

 

Non è modo per un bambino re scintilla di sé
nascostasi al mondo che mi ha rivelato a te.
Attàccati alle carezze del fiume, leggere di piume,
inesauribile fonte per l' aspro tuo monte.

 

Respira lontano,
trema ma rema
e che sia acqua che non tema
e che sia vita nella tua mano.

 

 

La route


Canto il cammino, nostro presente.
Mèta è il passo, non teme il sasso,
lo compie la mente
perfetta risposta muove il seguente.

 

Passo che passi a furor di colori
muti la scena fuori
cambi noi dentro
ignote rendi le porte in cui entro
fedele non mi trattengo, sulla fronte
incise conservo le impronte.

 

Se le gambe stanche saranno
il fiume ci trascinerà senza affanno
in questo cammino avvinghiati vicino
le scarpe con te voglio scambiare
ancora nastro, scorrere felice, srotolare.

 

La strada dà il senso al nostro canto,
sarà così:
d' improvviso scoprirsi arrivati
col viaggio che ci avrà fatti e inventati.

 

 

L'occhio dell'aragosta


Degli altri dall' occhio che limita e taglia
farò falò.

 

Fuoco vermiglio che piglia
nell'aria e avvampa di lingue lo sguardo
che spazia nel grido
di pagine e deserto
lontano
aperto.

 

Misura non teme
vede grande nel seme.

 

Buio farò
col faro
dell' occhio
di un'aragosta che regina di tenaglia
non spacca, né taglia,
ma si replica a simmetrico specchio.

 

Orchestra di lumi e geometrie perfette
nell' occhio condensa, le riflette
come fascio che fascino abbaglia,
l' essenza di un gioco che terribile gioco.

 

Luce, e solo luce, invoco
a bruciar le camere oscure
che ribaltano il fuoco.

 

 

Motto rotto

 

C'è un tempo per tutto,
martellante, quel motto rotto
di pianto umiliava il tuo canto, danno
impaziente di sempre affanno
lotta di macero ancora è scotto.

 

Tutto non ti interessa, forte gridi a te stessa,
fiume che al mare corre ove l'onda non cessa.

 

Vivi rivi cantano vivere ora,
questo solo voglio:
strappare il ramo secco allo scoglio.

 

Ascolta il fiume
se di lui l'animo tuo il suono intende
non più acqua solo ti senti,
sei donna che giorno e giorno nella corrente diventi.

 


Tinta d'istinto


Bambina di ieri che lasci il cortile
d'aprile, appesa oscilli sospesa
guardi e non vedi,
ricordi e non credi.

 

Stenti l'istante,
sei e non sai
come ti senti,
ai venti tinta d'istinto
ti orienti e vibri
dentro dipinto d'amore che scrivi.

 

Decisa, ora, ti giri
e intingi il pennello nel prato,
là, nella pozza
che la pioggia di ieri ha appoggiato
per te tavolozza,
ascoltala, è fiato.

 


Legger leggero


L' attimo che ti legge leggero,
planato dal bianco
alto nel soffio legato al pensiero,
è dondolo che cede, concede al baratro e siede.

 

Fatti custode contro l'oblio del salto,
allèrtati a non guardare il cielo
ché manda aria a comprimere il seno
pieno, zippato, l'amaro del sale dentro scippato.

 

Inventa e diventa corridoio
scorsoio che dà scacco
al nero bisogno di un sogno
che spera di avere solo sognato.

 


Questa vita

 

Questa vita che è spaccata a metà,
che mi spezza in mezzo,
mèta è vivere ancora un pezzo,
l'altro.

 

Imbuto che risucchi me lungo e mugghi
e fame d'aria sputi,
nel pneuma sto senza posa
altalena di volo e resa.

 

Questa vita è vita che consuma.
Mi accascia e mi esalta,
ho paura che se mi giro salta
e mi lascia.

 


(marzo 2016)

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- poesia contemporanea e del passato, edita e inedita, con o senza note di presentazione o commento;

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Il senso del ritorno

di Rosangela Palmas

nel N. 2 del 17 gennaio 2016

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